9 Febbraio 2018
di Caporedattore
Condividi su:
9 Febbraio 2018

Sanremo 2018: Conferenza Stampa NEGRAMARO “Voci come quelle di Dolores hanno cambiato l’intensità vocale del mondo”

I Negramaro, superospiti di Sanremo 2018, arrivano in Sala Stampa per parlare del loro ultimo album e del "buco nero" dello scorso anno.

Condividi su:

Si inizia subito con le domande ai Negramaro.

Come tornare dopo 13 anni con il palco dell’Ariston?

Il sogno è tuo, ma è prima nostro. Ieri mi sono commosso quando ho visto le prime file alzarsi. La standing ovation a Sanremo è l’Oscar del Cinema per i cantanti italiani. Ti resta dentro in una maniera pazzesca, è un gesto molto popolare.
Tredici anni fa abbiamo pensato proprio in questo senso di affrontare il Festival. Suonavamo e riempivamo i club e abbiamo detto noi a Caterina Caselli che volevamo andare a Sanremo e lei ci ha chiesto “Perché?”.
Volevamo misurarci col pubblico italiano e capire dove eravamo.
E dopo 13 anni volevamo capire di nuovo dove eravamo. L’amore che torni è proprio la voglia di tornare a misurarsi, ma non nel senso della gara, ma per condividere quello che stavamo per fare. Siamo andati avanti e siamo andati lontano.
Ieri sera fare Poster con Claudio Baglioni è stato emozionantissimo.

Nella vostra carriera vantate molte collaborazioni. Qual è quella a cui siete legati di più?

Il momento con Dolores è stato un momento incredibile ed è stato anche incredibile il fatto che sia andata via. Se ne stanno andando via un sacco di punti di riferimento mondiali per la nostra generazione. Voci come quella di Dolores hanno cambiato l’intensità vocale nel mondo e penso continuerà ad esserlo anche oggi che non c’è.

L’anno scorso avete girato il video di Fino all’Imbrunire in Basilicata. Perché?

In Italia abbiamo location fantastiche, non serve andare chissà dove per realizzare riprese stupende. La Basilicata ci ha dato tantissimo. Abbiamo girato Fino all’imbrunire e La prima volta.

Adesso siete superospiti…

Se ci togliamo la giacca siamo normali, se mettiamo la giacca siamo superospiti.

Il vostro tour inizia a Lignano, poi Milano e finisce a Lecce. Per voi cosa suonare a Milano e poi a Lecce?

È sempre toccante trovare lo stesso calore a Milano, Legnano, Roma e Lecce. Per una questione affettiva, ci piace chiuderlo a casa vicino da noi, ma non c’è una grande differenza. Ogni location ha delle sue peculiarità, ma non c’è una vera e propria differenza, se non chiudere nella nostra città. La gente ci fa sentire a casa ovunque.

Vi seguo da quando venivate a cantare a San Pancrazio Salentino. Rimpiangete quei tempi?

No, non rimpiangiamo perché ho avuto una grande fortuna in questi 20 anni insieme. Mi sono reso conto che se avessi avuto questo successo da solo, avrei avuto la testa tra le nuvole. Essere noi sei, ci ha aiutato a stare bene fin dall’inizio. La prima volta che abbiamo fatto San Siro nel 2008, ci siamo resi conto di non esserci mai detti “Un giorno suoneremo negli stadi!”. I genitori di Ermanno ci hanno sopportati per anni in cantina e tutti i genitori sono stati fantastici. Ci hanno fatto capire che già lì c’era qualcosa.
Stare sempre insieme, guardi Lele ed Ermanno e ti senti a casa. Riesci a mantenere i piedi per terra, perché la musica è un bel gioco. Non ci fa avere la nostalgia di cose pure, perché questa è una cosa pura e ce l’avete davanti.

Quest’anno siete ospiti sul palco, ma tu hai scritto in passato per Giovanni Caccamo “Via da qui”. Lui ora è sul palco dell’Ariston. Cosa provi ad essere ospite e lui è sul palco con un pezzo molto profondo.

Sono felice che ci siano ragazzi come Giovanni che esprimono sentimenti puri. Sono felice che questo festival accolga la musica purissima. Giovanni mi sembra un ottimo performer e un bravissimo autore. Avrà un bellissimo cammino. Sono felice per lui.

Tornate all’Ariston con un Direttore Artistico a te caro perché i tuoi si sono innamorati con “Questo piccolo grande amore”.

Racconto cose personali che poi coincidono per tutti e sei. Io quando da ragazzino mi innamoravo, mi chiudevo in stanza e piangevo con “Accoccolati ad ascoltare il mare”, immaginavo questo amore tremendo e bellissimo. Credo che tutti l’abbiano fatto.

Le canzoni di Baglioni sembravano fatte apposta per lenire o accentuare i dolori.

Avevate pensato di tornare in gara al Festival?

No, non penso torneremo in gara. Magari è un nostro limite. Io non riesco a fare gare parlando di musica. La competizione serve per crescere culturalmente e musicalmente, io non sono capace, mi mette troppa ansia.
Poi abbiamo la fortuna di raccontare quello che vogliamo raccontare in maniera sincera. Se le cose diventano grandi o sono grandi o raccolgono un grande numero di persone attorno.
Speriamo di raccogliere cuori e orecchie attenti. Faccio difficoltà a pensare alla gara.
Anche a 24 anni, era la voglia. Per noi era una continua festa e, da festaioli, ci hanno mandato via dal palco.

La prima volta che ricordate meglio e l’ultima cosa bella privata che vi è successa?

Il privato sono quelle emozioni che possono essere paragonate, anzi, non possono neanche essere paragonate. L’emozione di avere un figlio che è imparagonabile.
Poi il fatto di aver affrontato un periodo difficile nostro, di crisi, che poteva anche portarci a non essere qua oggi. È stato un momento complicato tra di noi che poi ha prodotto anche questo disco.

Cosa è successo in quei due mesi di buco nero? Cosa vi ha portato a ritrovarvi?

Non è successo un granché. Siamo una famiglia da tanti anni. Ad un certo punto, fisiologicamente, anche un piccolo screzio volevamo che non si risolvesse. Abbiamo fatto finta di non risolvere un piccolo problema. Volevamo prendere un po’ le distanze per ritrovarsi. Come succede con una moglie, una compagna. La voglia di non risolvere sempre i problemi, ti porta ad approfondire meglio te stesso.
Dovevamo fermarci un attimo e allontanarci. Io sono scappato a New York, ma sapevo che si sarebbe risolta.
L’anno scorso ero a NY che questa cosa era finita. Ieri eravamo superospiti con un disco bellissimo che racconta una luce.
Le crisi si raccontano per evitare le prossime ad altri.

Ieri sul palco eri commosso. In che classifica metti l’emozione di ieri sera?

Quest’anno al primo posto sta la nascita di Bianca… classifiche non ne riesco a fare. Io mi sono commosso, ma come facevo a trattenermi. Una standing ovation è il sogno di tutti, non solo di noi sei! Nelle nostre canzoni, ci sono le generazioni che sono cresciute con noi. Questo è il sogno di tante persone e il nostro abbraccio l’abbiamo voluto regalare.

Come co-conduttore, Giuliano, parteciperesti a Sanremo? 

Non sono in grado, quel lavoro lo sa fare chi ha studiare, chi ha tanta esperienza di TV o chi è come Fiorello. Noi siamo stati attenti nei rapporti con la TV in questi anni, incentrandoci sul live che è quello che ci compete. Andrei a schiacciare i piedi.