4 Settembre 2016
di Disturbo della quiete pubblica
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4 Settembre 2016

MORENO: “Sono un prodotto su cui sono felice di mettere la faccia”. Finalmente!

Moreno lancia il suo nuovo album "Slogan" e, finalmente, un cantante ammette che anche la musica è un prodotto da vendere!

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Finalmente!

Finalmente un cantante lo ammette: anche la musica è un prodotto (da vendere).

Qualche giorno fa il mioamicodirettorediallmusicitalia ha incontrato Moreno durante l’intervista per il lancio del suo nuovo album, Slogan, uscito la scorsa settimana (leggi qui l’intervista) e mi ha colpito questa affermazione del rapper:

Alla fine io sono un prodotto, un prodotto discografico, ma sono anche un cantante, le due cose devono andare di pari passo, devo vendere il mio prodotto, ma un prodotto che vale la pena di acquistare e su cui io sono felice di mettere la faccia.

Arriviamo da decenni in cui i cantanti hanno lottato aspramente pur di non essere considerati prodotti. Hanno scalciato, urlato e fatto canzoni proprio per perseguire la loro personale battaglia (come dimenticare La fabbrica di plastica di Gianluca Grignani: “ma non sono esattamente uscito un prodotto ben plastificato”) per ottenere che cosa? Boh… perché se da una parte non volevano essere “prodotti”, dall’altra non hanno mai rinunciato ai compensi che il loro prodotto fruttava. O voi avete mai sentito di qualche cantante ribelle che non voleva i soldi?

Case discografiche, produttori e addetti ai lavori sono prima di tutto aziende e, come tali, devo sottostare alle regole del mercato, equilibri economico/patrimoniali e tutta questa roba che, con l’arte, ha ben poco a che fare, ma che producono il cash che serve all’artista per fare l’artista.

Se vuoi fare quello che vuoi, puoi continuare a farlo nella tua cameretta, ma se vuoi fare il cantante di professione, anche tu diventi inevitabilmente un prodotto e devi cercare in ogni momento un compromesso tra ciò che desideri tu e quel che vuole il mercato da te. Sono finiti i tempi delle vacche grasse in cui c’era spazio per tutti e l’azienda discografica ora, se deve investire su qualcuno, cerca di farlo su quel qualcuno che deve essere il più vicino possibile ad una macchina da cash flow.

Con questo non voglio dire che un cantante, o un artista in generale, debba essere trattato alla stregua di un pacco di pasta (da brava bocconiana, anni fa, Sara Tommasi andava in giro blaterando “io sono un prodotto da vendere” e non serve aggiungere altro) perché ogni prodotto ha le sue peculiarità. L’artista non è un prodotto, ma il suo album sì e pure il suo tour. E così ecco che nascono gli instore tour, unico modo rimasto per obbligare la gente a comprare l’album… fiumi di ragazzi, spesso accompagnati dai genitori, per ore in fila davanti ai negozi muniti di CD e scontrino (rigorosamente uno a testa, quindi anche la mamma deve avere il suo) il tutto per uno scarabocchio ed una foto che, tra qualche anno, riguarderanno sorridendo della loro ingenuità adolescenziale.

La vita è fatta di compromessi e mi sono sempre chiesta perché gli artisti (o quelli che si ritengono tali) debbano esimersi da tale regola che incombe su tutti noi.

Finalmente qualcuno dice la verità.
Grazie Moreno.

Buona domenica
La Mosca Tze Tze