30 Maggio 2018
di Interviste, Recensioni
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30 Maggio 2018

Intervista a Michele Monina: una campagna che mette in forse il suo stesso scrivere.. di cui la stampa però non vuole parlare. A chi fa comodo? Ce lo spiega lui.

Oltre 100 artisti hanno appoggiato la campagna MusicRaiser di Michele Monina mentre i colleghi l'hanno boicottata. Ne parliamo con lui...

Michele Monina
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Oggi il nostro Fabio Fiume intervista per noi Michele Monina che, recentemente, ha lanciato un’importante iniziata con MusicRaiser, Monina sì Monina no. Importante perché dietro a quella che potrebbe apparire come una semplice provocazione, un atto di egocentrismo, si cela in realtà un serio tentativo di ritornare a parlare di musica senza condizionamenti esterni… la ricerca di una libertà che potrebbe fare bene a tanti di quelli che scrivono di musica, al di là dello stile personale.

Proprio per questo All Music Italia ha scelto di parlare dell’iniziativa di Michele settimane fa qui e, su mia richiesta, di intervistarlo lasciandogli carta libera per approfondire questa sua idea e le conseguenze, in parte deludenti, che ha generato.

Ovviamente questo non vuol dire che siamo d’accordo con ogni cosa che Monina scrive o dichiara ma, come diceva Voltaire, “Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire“.

Massimiliano Longo

 

INTERVISTA A MICHELE MONINA

Che tra i critici musicali sia sempre stato uno che si è contraddistinto per non mandarla a dire, uno che con la sua irriverenza ha sempre bollato col “cagate” cose che lo facevano “cagare”, senza girarci attorno o indorare pillole è qualcosa di indubbio.

Michele Monina è tutto ciò e tanto altro ma nonostante questa parte sicuramente “non comoda” con cui confrontarsi per i suoi interlocutori, è anche uno musicalmente preparato, uno che la musica l’ha vissuta da un bel po’ di lati e pertanto degno di stima, se non per la sua irriverenza, talvolta persino arrogante, sicuramente per la sua preparazione e la sua riconoscibilissima ed arguta penna.

Fa quindi strano che uno che nell’ambiente è sì così cercato ma, al contempo, chiacchierato e spesso criticato dagli artisti stessi (ed ancor di più dagli addetti ai lavori da cui sistematicamente viene colpito quasi a mo’ di fallo di reazione durante una partita) abbia dal nulla creato un curiosissimo evento che lo vede, nel bene e nel male, alla mèrce del popolo, sia quello che lo stima e lo segue, che quello che non gli risparmierebbe il peggiore dei gironi dell’inferno dantesco.

Parliamo ovviamente della campagna di crowdfunding ( raccolta fondi ) su MusicRaiser dal titolo Monina Sì, Monina No, in cui sono stati coinvolti centinaia di artisti, molti dei quali persino stroncati in passato dalle sue critiche, che hanno messo in palio dei premi da acquistare rispondendo alla domanda fatidica: “Vuoi che Monina continui a scrivere di musica, si o no?

Si può scegliere se acquistare e quindi devolvere al partito del sì o a quello del no. E’ un bel rischio indubbiamente per questo All Music Italia, contravvenendo un po’ al comportamento di tutta l’altra stampa di settore, ( sulla quale ha parecchio da ridire e dalle cui affermazioni ovviamente prendiamo le distanze, aprendo ad eventuali risposte dei diretti interessati), quali siano i motivi che l’hanno spinto a creare questa campagna, visto che, se vincesse il no, Michele ha dichiarato ufficialmente che appenderà la penna al chiodo, almeno quella della critica musicale.

I motivi sono diversi. Per primo la voglia di farmi venire sempre nuove idee e a dare loro seguito. C’è però sicuramente stato un fatto scatenante…

Quale?

Io mi occupo di musica da circa vent’anni, e la cosa è arrivata quasi per caso perché in realtà nasco e sono scrittore. Diciamo che le due cose sono andate per un po’ di pari passo. Quando però ho cominciato a sentire che gli spazi rimasti non erano molti, più che sgomitare con altri, sono tornato a fare il mio e cioè lo scrittore, appunto. Questo fino a 4 anni fa, quando con il potenziamento del web si sono aperte nuove strade e sono stato ingaggiato da Il Fatto Quotidiano, dove appunto tornavo ad occuparmi di musica.

Questa collaborazione si è chiusa ad Ottobre dell’anno scorso, poi a Gennaio di quest’anno ho collaborato con Rolling Stone ma la cosa è durata solo tre mesi; me ne sono andato per gli stessi motivi per cui ho chiuso i rapporti con Il Fatto Quotidiano e cioè le numerose pressioni arrivate a mio carico, che i direttori facevano fatica a gestire.

Parli di pressioni da parte delle case discografiche, degli artisti…?

Sì, è una cosa piuttosto variegata. Per me, sin da quando ho iniziato a Tutto Musica, è sempre stato indispensabile essere libero. Tra l’altro dopo vent’anni prima o poi li conosci tutti gli artisti e gli addetti ai lavori, ed io ho davvero instaurato delle vere amicizie con alcuni di loro, eppure se c’è stato da stroncare anche il lavoro di un amico l’ho sempre fatto, loro stessi lo sanno. Stronco il lavoro non la persona.

Diverso è invece quando colpisci qualcuno legato al giornale in qualche modo. Allora si chiede subito la tua testa ed è difficile tenere a bada le pressioni. Magari io dico male di tizio ed allora ecco che la casa discografica per ripicca non ti concede l’intervista con quell’altro suo artista. Ma questo solo per tenersi sul generico perché a volte le pressioni sono state anche più esplicite.

Da potersi raccontare?

Certo! Quando ero a Rolling Stones ad esempio scrissi della Pausini, il presidente della Warner, Marco Alboni, ha criticato pubblicamente il mio scritto non benevolo nei confronti della sua artista, dandomi addirittura del “rosicone”, cosa assurda perché, diciamocelo pure, nel mio lavoro la mia valenza è paritaria a quella della Pausini nel suo, nel senso che ho una firma riconoscibile e centinaia di migliaia di lettori.

La cosa ha avuto dei risvolti in redazione, per il mio editore sicuramente non benevoli nei miei confronti. Non che abbia perso il lavoro per questo però ha contribuito, assieme ad altre rimostranze , a creare un clima antipatico ed ingestibile. A 49 anni non posso lavorare col fiato sul collo di chi anziché appoggiarti ti pressa e così ho deciso di non provare in altre redazioni ma di metter su qualcosa di mio.

Non parli di un sito o un blog, ma proprio di un magazine?

Ebbene sì.
Se volessi aprire un sito o un nuovo blog non ci metterei nulla. Fortunatamente in questi anni di web i mei numeri sono andati sempre crescendo ed ovunque io sia approdato, i miei lettori mi hanno sempre seguito. Trovare degli sponsor per essere aiutato in questo mi è quindi facilissimo; del resto anche all’ultimo Sanremo, ho partecipato da solo per il mio blog e per nessun giornale, ed anche lì trovare sponsor non è stato certo complicato.

Però un giornale richiede un investimento importante, diverso…

Ed infatti ecco il perché della campagna. Mi sono reso conto che per quest’avventura non era così facile trovare investitori. Vogliono tutti prima che tu parta per un tempo calcolato in almeno 4/6 mesi, che tu faccia vedere dei risultati e poi, semmai, ci mettono del loro. Ma ovviamente come si fa? Non posso mica partire tutto da solo. Ci vogliono persone, collaboratori che chiaramente vanno pagati. IO posso anche decidere d’investire su me stesso e non prender soldi inizialmente, ma non posso pretendere che chi ci verrà a lavorare faccia lo stesso, non sarebbe giusto.

Ti sei fatto un piano di quanto dovresti riuscire a raccogliere per partire?

Io credo, chiamala spavalderia pure se vuoi, tanto io sono uno spavaldo ed egocentrico, me lo riconosco, che per arrivare ad avere 6 mesi circa di numeri costanti, da portare agli investitori, e quindi di conseguenza resistere per quel tempo, ad occhio e croce potrebbe volerci una cifra con qualche zero…

Caspita! Tantini…

Ma guarda, vista anche la risposta che ho avuto dagli artisti, non credo che sia una cosa impossibile.
Sai cosa? Credo che nel tempo la mia firma abbia in qualche modo conquistato il suo spazio, la propria credibiltà. Se avessi messo sù un progetto del genere che so, con un Paolo Giordano, probabilmente non avrei avuto questa risposta dagli artisti, che riconoscono in me la voce fuori dal coro, fuori dal sistema.

Un po’ come Fegiz negli anni 80, quando era visto come uno tosto…

Solo che Fegiz era a Il Corriere della Sera e faceva quindi lo spavaldo perché ovattato e protetto. Io sono sempre stato spavaldo, anche quando mi muovevo senza testata alle spalle.

Ma se vincesse lo stesso il si, ma senza raggiungere l’importo appunto sperato?

Probabilmente mi ritirerei lo stesso, perché non avrebbe comunque senso. E guarda che non sono uno che dice le cose tanto per dirle. Non a caso, già nella campagna di raccolta, per ogni premio aggiudicato per il sì, che chiaramente attende la fine della campagna, ci sono invece quelli del no, che sono in genere una sorta di pegno per me, che invece realizzo subito. Ad esempio se mi scrivono devi tatuarti il nome del mio cantante preferito, quella è una cosa che faccio subito, non aspetto la fine della campagna né il suo esito. Non avrebbe senso per chi vota il no.

Ma dai non posso crederci che davvero mediti il ritiro. Possibile mai?

Ma sai, sinceramente se non posso proseguire col mio progetto non so se voglio restare in mezzo a certa gente, ad un settore che ha letteralmente boicottato l’iniziativa. Non ne ha parlato nessuno dei miei pseudo colleghi, diciamo così.

Effettivamente ti appoggiano gli artisti, pur spesso stroncati, mentre i colleghi… nessuno ha parlato dell’iniziativa che comunque ha del curioso…

A parte te ed All Music Italia dall’inizio ne ha parlato solo Vanity Fair per il lancio dell’iniziativa, ma non stiamo parlando di una testata musicale, e Fare Musica dove però io sono di casa. E poi qualche radio. Sono stato ospite a Deejay chiama Italia e su Rtl 102.5 oltre che in diverse radio private, ma colleghi proprio no.

La cosa ti ha stupito?

E perché mai? Non mi aspettavo certo che i quotidianisti, per i quali io fino a qualche mese fa ero un collega, ne parlassero, fondamentalmente perché per loro io sono stato quello che quando è arrivato gli ha rubato la scena. Io sono quello che dopo qualche mese dal suo arrivo è passato dall’essere l’ultimo arrivato a quello più letto, almeno per i dati della rete e so che questo ha infastidito e non poco.

In più c’è un motivo ancora peggiore, se vogliamo: io ho rubato loro la scena facendo sostanzialmente ciò che loro non hanno fatto convinti che avrebbero perso in rapporti personali.

Hai fatto la vera critica musicale insomma?

Ha detto sempre quel che pensavo, a differenza loro che invece tenevano più ai contatti. Lo schiaffo morale arriva anche dal fatto che gli artisti appunto, pure quelli che non dovrebbero amarmi, partecipano, è proprio sinonimo che apprezzano il mio modo di lavorare. Io non faccio marchette e questo gli artisti l’apprezzano. La mia missione è scrivere, ho fatto anche indagini, ho fatto inchieste sul sistema e questo viene apprezzato. Però lasciami dire una cosa ancora sui colleghi…

Certo…

Sono stupito dal fatto che non se ne siano occupati i giovani colleghi, quelli che lavorano in piccole testate o per il web, spesso nemmeno pagati, che incontro sempre nelle varie situazioni, che aspettano la loro occasione e… io sto cercando di lanciare un magazine e tu non ne parli nemmeno? E’ pur vero che loro non possono sapere che magari da questa cosa mia arrivava un’occasione per loro, però sono stupito dal fatto che il web si nutre di notizie, in maniera più fagocitante della carta stampata e, cavolo, c’è una notizia di questo genere e non ne parli? Cioè la mia campagna ha richiamato Vasco Rossi, Giorgia, Ligabue, Fiorella Mannoia… e tu non ne parli? Se non è notizia questa!

E’ chiaro che è impossibile che abbiano deciso di non parlarne singolarmente; si è voluta boicottare la notizia e questa è una cosa che non potrò certo far finta che non sia accaduta in futuro, qualunque sia la sorte dell’iniziativa.

Cominci e sei a tutti gli effetti uno scrittore; come è nato l’approccio alla critica musicale quindi?

Quando ho scritto di narrativa, uscendo con la Mondadori, sono stato venduto come uno scrittore che aveva a che fare con il mondo della musica. Questo ha fatto si che fossi avvicinato di chi se ne occupava davvero e nello specifico da Luca Valtorta all’epoca direttore di Tutto Musica. Mi chiese se volessi scrivere racconti per la rivista, cosa che accettai. Da lì il passo alle recensioni è stato breve.

Il giornale andava benissimo e parliamo di centinaia di migliaia di copie ed in quel contesto io ero addirittura pagato con un buonissimo stipendio per non intrattenere rapporti con discografici ed artisti, per non andare alle conferenze stampa a fare conoscenze… insomma per essere libero. Fu un successo perché fino ad allora Tutto Musica non aveva mai pubblicato recensioni anche negative.

Da quale artista sei stupito particolarmente per la sua partecipazione?

Potrei citarti i TheGiornalisti che ad esempio ho sempre stroncato, ma anche la Mannoia che ho incontrato solo una volta al Festival e subito le dissero che le avevo dato 4, come voce fuori dal coro. Ed ancora Nek di cui addirittura scrissi che il suo disco era il più brutto della musica italiana e che per tale avrebbe meritato di finire sulla ruota delle tortura.

Ho visto che ci sono anche premi importanti…

Si, pensa che Luca Carboni ha addirittura messo in palio un suo quadro e di certo non me lo aspettavo.

Michele narra la leggenda che tu sia veramente in guerra aperta con Laura Pausini, ma ci puoi spiegare?

Nasce da un libro biografia che io scrissi su di lei e che, chissà chi andò a dirle la cosa, innescò un post sul mio libro, dicendo che non ero autorizzato, che avevo scritto delle falsità e che speculavo sul suo nome usandolo come maniera per fare soldi. Fermo restando che non ci vogliono autorizzazioni per scrivere delle biografie, il problema era in realtà un altro… il libro non era uscito ancora. Le scrissi: “Laura sei veramente miracolsa, perché il libro non è uscito, non ho nemmeno io le copie omaggio”, la buttò sul ridere e ovviamente il libro fu un grande successo, andando in ristampa prima ancor di uscire.

Nacque così la leggenda metropolitana che io tirassi a campare grazie alla Pausini, invece io non ho più scritto di lei, fino a tre anni fa. Uscì un suo commento su facebook dove si lamentava che la Warner non facesse uscire come singolo il brano scritto da Ivano Fossati per lei e che le radio volevano sempre i soliti singoli ed io scrissi ironicamente una cosa del tipo: “Se si lamenta la Pausini gli altri devono spararsi con un kalashnikov.” Lei ribadì subito con “Un Monina hai colpito ancora”, aizzandomi contro le schiere dei suoi fans, ma al contempo trasformando quell’articolo di metà Agosto in un super risultato da 800.000 visualizzazioni.

Va da sé che poi quando è uscito Simili ne ho voluto scrivere e lì mi sono un po’ divertito, dapprima attaccando i boys del giornalismo musicale amici suoi, il trio Dondoni/Laffranchi/Giordano, che erano volati a Miami con lei per seguire la presentazione, e poi il disco di cui scrissi che si poteva intitolarlo: “A cazzo di Cane” , stabilendo anche un record: per la prima volta su un quotidiano c’era un titolo contenente una parolaccia! Da lì però per tutti siamo antagonisti. Gioco forza mi hanno chiesto di scrivere di lei anche in seguito, visti i risultati. Ho dovuto ad esempio farlo per Rolling Stone sull’ultimo disco di cui non volevo scrivere e di cui non ho effettivamente scritto. Ho parodiato il fatto che lei dichiarava che si trattava di un disco sulla sua fragilità e per presentarlo ha affittato un aereo per presentarlo… La comunicazione è comunicazione.

Nella storia delle penne del giornalismo musicale chi apprezzi?

Ho rispetto per Castaldo e Assante che sono sempre un po’ fuori dal giro solito, fanno le loro cose e quando si fondono col popolare, vedi Assante con Celebration, si capisce subito che non è il suo mondo. Apprezzo Spinelli per alcune cose che evidenzia, come le storture nei live, ma per il resto non sento vicinanza con i colleghi. Li vedo come un grandissimo asservimento al sistema. Anche il tuo collega di Napoli, Federico Vacalebre che è bello pungente, viene però meno quando parla di un qualsiasi artista di Napoli; sembra che stia parlando di Dio ogni volta e questo non è un bene perché è vero che lo zoccolo duro dei lettori de’ Il Mattino è a Napoli ma è pur anche vero che stiamo parlando di un nazionale e quindi devi essere intellettualmente onesto, sennò non funziona… colpisci solo dove ti è più comodo colpire, tipo quelli che sparano sui talent.

Credi che dai Talent non sia mai uscito nulla di buono tu?

Dal mondo dei Talent no, perché quando escono da li sono ancora a tutti gli effetti del talent e fanno cose di e per i talent per almeno altri 3 o 4 anni. Poi col tempo…vedi Noemi che adesso fa ciò che vuole, o Marco Mengoni che per diventare Mengoni ci ha messo degli anni.

Ci sono poi gente come Francesca Michielin che ad ogni disco cambia, perché sostanzialmente non sa che fare o come Ilaria Porceddu che è bravissima ma che ad esempio dal talent è stata azzoppata e non aiutata. Questo è il motivo del perché non posso andarci e non a caso ho rifiutato per ben due volte Maria De Filippi.

Eppure accettasti Rtl 102.5 e la gente ti criticò…

Mi criticarono perchè ho passato dei mesi a bastonare Suraci e soci. La gente però non sa che ho accettato perché lo stesso, capito il mio potenziale, mi ha chiamato dicendomi di andar li a far Monina ed io Monina ho fatto. Dicevo che alcune cose che passavano sulla radio mi facevano cagare ed ho portato live artisti che loro non passavano come Ilaria di cui prima, o Chiara Dello Iacovo. E difatti sono ancora su Rtl, perché ho libertà.

C’è qualcosa che vorresti dire ai nostri lettori e che magari non ti ho chiesto?

Direi di no, quest’intervista ha già detto molto.

 

Se Michele Monina vi ha convinto a “votare” per il sì o per il no, trovate tutti i premi e le ricompense a questo link. Noi un certo tatuaggio sul suo braccio ce lo vedremmo bene…