8 Giugno 2017
di Interviste, Recensioni
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8 Giugno 2017

INTERVISTA a FRANCO RICCIARDI: una storia lunga 30 anni, con la gioia della vittoria del David Di Donatello ed il desiderio di un Festival di Sanremo

Intervista ad un nome storico della musica, Franco Ricciardi. Si parla del David di Donatello, di Sanremo e delle collaborazioni con i rapper

franco ricciardi
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Oltre trent’anni di carriera, partiti da una città, Napoli, che per certi versi ti chiude tra le sue mura, ma per altre ti apre alle esperienze musicali più varie possibili, alle contaminazioni con luoghi e suoni lontani ed il tutto risulta sempre pieno sotto i suoi colori; Franco Ricciardi è in questo ambiente partito, cresciuto, rimasto prigioniero, forse, per un po’, ma da qualche tempo a questa parte, è finalmente riuscito a scardinare quelle mura, ad approdare su palcoscenici importanti ( il più importante di tutti quello dei David di Donatello dove ha vinto il premio come miglior brano per film con ‘A Verità data a supporto di Song ‘e Napule ove vi ha anche interpretato una parte ) e ad entrare sistematicamente con i suoi ultimi lavori nelle classifiche ufficiali di vendita. Anche l’ultimo album Blu non ha fallito questa missione, riuscendo ad entrare nella top 50 redatta dalla Fimi e quale migliore occasione per incontrarlo e chiacchierarci un po’?

Caro Franco festeggi quest’anno 30 anni di carriera; se dovessi ripercorrerli con tre aggettivi come me li racconteresti?

Se dovessi raccontarli con tre aggettivi userei: passione, amore e fedeltà

Inizialmente inglobato nel filone che venne soprannominato neomelodico, te ne sei subito tirato fuori, iniziando un lavoro di ricerca musicale che ti ha portato ad affrontare la musica da diversi punti di vista. Esigenza di fare nuove esperienze o semplice voglia di non esser etichettato?

Di etichette in questo percorso purtroppo me ne hanno date tantissime ma tutte vengono cancellate da quello che si fa, perché penso che una persona non la cambi con le parole ma con i fatti. Io lo faccio con la musica ed è con lei che cerco di far cambiare idea alle persone.

Secondo te perché si tende a dare un’accezione negativa, mediaticamente parlando, al termine neomelodico?

Credo che ai media interessi sempre far venire alla luce la parte negativa di un fenomeno. Eppure allo stesso tempo penso che anche nel settore Neomelodico ci siano delle cose interessanti.

Hai frequentato ambientazioni rap, urban, pop, elettroniche, dance. Quale di questi stili per te è stato più difficile da approcciare e quale quello che ti ha sorpreso di più dal punto di vista delle possibilità che ti ha dato?

Tutti mi hanno sorpreso e tutti mi hanno dato possibilità. I tanti cambiamenti sono figli del mio essere curioso che mi porta ad adattarmi e a prendere quasi le sembianze di ciò che di nuovo faccio. Insomma se si parla di novità, mi ci sento sempre bene dentro.

Dagli anni ‘10 i tuoi album, ultimo compreso, hanno iniziato sistematicamente ad entrare nella classifica di vendita italiana. Perché è stato così complicato arrivare alla notorietà nazionale, quando tra le mura di casa eri già una star tale da mettere in riga i big delle classifiche?

Questa domanda andrebbe non fatta a me ma agli altri. La risposta che posso dare è che io quello che do oggi l’ho sempre dato, mettendoci il massimo in tutto quello che faccio. Sono gli altri che non si accorgono che in Italia ci sono molte, ma molte cose belle e spesso molte di esse vengono dal Sud.

Nel 2014 hai vinto un David di Donatello con il brano ‘A Verità; un riconoscimento importante dopo quasi 30 anni di carriera. Cosa ha significato per te?

E’ stato il primo giudizio senza pregiudizio! Spero si capisca il gioco di parole. Per me la vittoria era già stata ricevere la nomination; mai avrei pensato potessi vincere. E’ stato tutto un sogno e questo riconoscimento lo porterò nel cuore per tutta la Vita.

Hai collaborato con diversi artisti da Clementino a Guè Pequeno, da Jake LaFuria a Rocco Hunt, passando recentemente per Raiz fino al tuo figlioccio artistico Ivan Granatino, che è stato anche il primo artista prodotto dalla tua etichetta, la Cuore Nero Project. Come sono arrivate queste collaborazioni e quale di esse ti ha lasciato particolari ricordi?

Io credo che la musica sia aggregazione,unione e se la vivi così le collaborazioni vengono d’istinto. Essendo, come dicevo prima, uno che ama il nuovo e ama mescolarsi con i generi diversi ognuna di queste collaborazioni mi ha lasciato qualcosa. Non posso scegliere.

Ricciardi  è cantante, autore, produttore, talentscout e non da poco anche attore pur con buoni risultati e valide menzioni critiche. Quale è il segreto per rendere al meglio in qualsiasi di queste professioni?

Essere vero in qualsiasi cosa che si faccia.  perché alla gente arriva se fingi. E’ come se vedessi un bambino col vestito di Carnevale! Si vede che non lo sa portare, ma semplicemente perché non è suo. Così anche con la musica e tutti questi altri approcci artistici, devi essere vero. Non c’è altra soluzione.

Il nuovo album Blu è stato lanciato dal riuscito singolo N’Ata Notte dall’arrangiamento hambient, adatto a sofisticati club. Ancora una nuova veste quindi. A chi è venuta l’idea di usare questa chiave d’arrangiamento?

L’idea nasce dalla curiosità. Insieme a D Ross e Startuffo. Cerchiamo sempre nuove sonorità, ci appassioniamo proprio nella ricerca. Il segreto sta in come dice Steve Jobs e cioè: “siate curiosi, siate folli”.

Il viaggio di Blu è appena iniziato. Dove porta?

Porterà ovunque. Dove ci sarà bisogno di musica e di aggregazione ci sarà Blu!

L’anno scorso hai festeggiato 50 anni, un traguardo importante, sufficiente anche a tirare qualche somma. Tiriamola quindi: Ricciardi ha più avuto o più dato alla musica?.

Credo di aver ricevuto di più dalla musica e mi auguro di ricevere sempre di più.

Cosa manca alla carriera di Franco oggi. Cosa non hai ancora fatto che vorresti proprio fare?

In questo mio percorso ho avuto tanto e mi auguro di aver dato altrettanto. Una cosa che però non ho avuto e vorrei avere, non tanto per me ma per il pubblico che mi segue, è Sanremo. Se ci fosse la possibilità sarebbe sicuramente una cosa bella, che renderebbe felici i miei fans.

Chiudiamo con una curiosità: il tuo vero nome è Francesco Liccardo, quindi abbastanza simile al nome d’arte scelto. Perché lo cambiasti quindi all’epoca, di chi fu l’idea?

Il nome l’ho cambiato da giovanissimo per la semplice voglia di averne uno d’arte. E’ stata una mia idea arrivata senza fare chissà quali giri giacché nella mia famiglia Ricciardi come cognome esiste già. La storia è lunga ma alcuni parenti si chiamano proprio Ricciardi e non Liccardo.

E chiudiamo con la domanda con cui sono solito chiudere le mie interviste: cosa non ti ho chiesto che invece vorresti che chi ci legge sapesse?

Ma se mi hai chiesto proprio tutto! Chiudo semplicemente con una massima: Musica è una cosa meravigliosa!