28 Aprile 2015
di Cantautore, autore e giornalista
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28 Aprile 2015

UN CONCERTO DA DIMENTICARE… ANZI… DA RICORDARE

inizia oggi su All Music Italia il blog di un maestro della musica italiana, Enrico Nascimbeni, che inizia parlandoci di un concerto con Roberto Vecchioni

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Certi concerti nascono sfigati e finiscono peggio. E di un concerto voglio raccontare.
Quello che io e Roberto Vecchioni facemmo a Trieste al Teatro lirico Politeama Rossetti. Un inverno di tanti anni fa.

Dovevamo partire. C’era una nebbia della madonna e Roberto decise di prendere un treno. Di malavoglia. Forse un presentimento. Dissi ok va bene. I musicisti erano già là. A Trieste.
Partimmo dalla stazione Centrale con un treno di merda. Che si fermava anche per far passare reduci della Prima guerra mondiale, greggi di pecore e il cavallo “oh oh cavallo” di Samarcanda.
Lui leggeva fumando il toscano. Io fumando le mie Marlboro guardavo il nulla passare veloce dal finestrino. Eravamo quasi a Trieste “redenta” quando il treno si fermò facendoci quasi cadere per terra. Che succede?
Successe che degli operai in sciopero avevano occupato i binari. Te lo avevo detto che non dovevamo prendere il treno dissi a Roberto. Che con un vaffanculo mi diede una benedizione. E la benedizione fu reciproca e di rimando con l’aggiunta del mavaff…tu. Aspettammo. Tanto. Troppo.

nascimbeni_teatro

Arrivammo a Trieste alle nove di sera. Taxi. Di corsa nel teatro gia’ pieno . Era gia’ partito l’applauso della serie … fuori i musici.
E il primo musicante ad uscire sul palco fui io. In un buio pesto. Non accesero in tempo l’occhio di bue. Così imbroccai una fila di sei chitarre che caddero rumorosamente. Bim bada bum. E si accese l’occhio di bue su di me che le raccoglievo. Dalle quinte sentivo gli insulti e le bestemmie dei musicisti. Lucio Fabbri si distinse per violenza verbale. E se avesse potuto ci scommetto fisica. L’applauso mi tranquillizzò. E cantai. Ma, tra una canzone e l’altra, uno del pubblico mi gridò “Figlio di giornalista…” Beh meglio che figlio di puttana replicai… Seguì brusio e qualche risata… Non cantai bene.
Roberto quando ci incrociammo tra “palco e realtà” mi disse “Hai fatto schifo” e aveva ragione. A 22 anni facevo fatica a coniugare emotività e professionismo.

Finito il concerto di corsa alla stazione e… perdemmo l’ultimo treno per Milano. In nostro soccorso due ragazzi di una radio libera triestina che ci diedero un passaggio fino ad un albergo. Hotel Stazione. Ironia della sorte e delle notte. Ma c’era una sola stanza libera con un letto matrimoniale. Evvabbè. Amen. Avevamo fame. Chiedemmo al portiere di notte cibo. Ma aveva due mele e una banana. Insomma la sua notturna merenda che ci donò. E che dividemmo nel letto io e Roberto. Da bravi sposini in viaggio di nozze. Poi parlammo fino all’alba. Di tutto. Anche del futuro.
Poi il futuro e’ arrivato. E sono qua. ln questo blog. A ricordare con tanta nostalgia. Un immenso concerto di merda. Che però rifarei. Un milione di volte. Certi treni è meglio prenderli al volo. Sedendosi anche in un carro bestiame. Che diventa Orient Express. Se la meta è la musica. Quella musica libera. “Ma libera veramente”.

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