10 Giugno 2015

E LA VOGLIO FARE TUTTA QUESTA STRADA..

Donato Santoianni parte dalla frase di "Lindbergh" di Fossati "E la voglio fare tutta questa strada" e ci parla dei tanti inizi che oggi trovano una sola via

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E la voglio fare tutta questa strada…
Avevo promesso di scrivere, e non l’ho fatto! Imparate a conoscermi, questo è un mio difetto. Ho iniziato talmente tante cose senza finirle che ormai ho perso il conto.
Da bambino mi annoiavo quasi subito dei giochi o delle idee creative e brillanti che mi venivano.

Mi sono annoiato subito al corso di chitarra, dopo 3 anni ho lasciato perchè volevo prendere il plettro e pestare accordi sulla classica come se fosse una Fender Stratocaster. Invece il percorso scolastico prevedeva l’insegnamento della postura, della tecnica, della “burocrazia” musicale. Bisognava conoscere tutta la procedura per poter finalmente arrivare al dunque.
Ho ben pensato di passare il pianoforte, li sono durato qualche anno in più, nonostante la tecnica e tutte quelle regole mi stessero particolarmente strette, lo strumento era il mio. Lo sentivo molto più affine ai suoni che mi piacevano di più, ma anche li, in sala con il mio insegnante era tutta tecnica e mani da correggere, a casa era Billie Jean suonata senza coerenza di tempo. Una volta imparati gli accordi e le scale inevitabilmente ho lasciato il percorso accademico, anche perchè avevo comprato un sax contralto! Era lui il mio nuovo stimolo. E’ ancora li. Ogni tanto ci provo quando sono a casa da solo, ma mi innervosisce facilmente quel suono da Tram incazzato in centro a Milano. Ma prima o poi lo imparerò, come alla fine ho imparato a scrivere canzoni con quella chitarra classica di mio padre, sempre lei, piano piano con i miei tempi e le mie regole. Come il Pianoforte che ora suono ogni giorno per tenermi e tenergli compagnia.

Insomma io difficilmente porto a termine una cosa come si dovrebbe. Ho sempre le mie regole, i miei tempi e i miei modi, e purtroppo non cedo a nessuno schema. Non si direbbe, ma sono un ribelle in cravatta, un rivoluzionario latente. Non si direbbe.
C’è però una “vietta” di quelle di paese, che tanto mi ricorda casa dei miei nonni. Una di quelle strette in salita, che a salire mettono caldo ma in discesca è tutto un panorama. Quella “Vietta” è la via della coerenza, delle mie canzoni, del sacrificio che porta alla realizzazione del mio sogno. Immaginatela. Una vietta come quelle, con i ciottoli per terra, scostante e faticosa. Qualche buca qua e la. Il sole sbatte e cerchi riparo nell’ombra delle case e dei panni stesi fuori dal balcone. Quella è la mia via, la mia strada. Ora sono a metà della salita, in pausa sotto l’ombra di un lenzuolo proiettata sulla strada.
E’ faticosa ma “la voglio fare tutta quella strada, fino al punto esatto in cui si spegne” perchè quando finisce la salita, ci si volta e la discesa è tutto un panorama da fotografare.

Vi scrivo ascoltando Lindbergh di Ivano Fossati nella versione di Niccolò Fabi.